RINCHIUSO IN MANICOMIO IL CONDOMINO PERSECUTORE…..

Lo stalking non è solo tra ex….

Le cronache giudiziarie sono  ormai piene di casi di stalking (o presunto tale): uomini che perseguitano le  loro ex, donne che non si rassegnano alla fine di una storia, compagni ossessivi  con il partner sono il pane quotidiano per gazzette e rotocalchi, ma anche per  telegiornali ed improbabili trasmissioni televisive che non fanno che  raccontarci di storie di questo genere, tanto che ormai non ci si fa più nemmeno  tanto caso. Ma gli atti persecutori (il reato di cui all’art. 612 bis cod. pen.,  comunemente detto appunto “stalking”) non sono solo quelli compiuti tra  conviventi ed ex, tra soggetti cioè legati (o che lo sono stati) da un rapporto  affettivo: ogni comportamento  persecutorio che incida sulla libertà altrui al punto da determinarne gli  esiti, modificando gli stili e le abitudini di vita della vittima o  che comunque gli procuri un “grave stato d’ansia o di paura” è stalking ed è punito dalla legge.  L’esistenza (o la pre-esistenza) di una relazione sentimentale tra persecutore e  perseguitato non è un presupposto di questo reato ma una condizione che ne  aggrava il profilo sanzionatorio: lo prevede espressamente il 2° comma dell’art.  612 bis (“La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche  separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione  affettiva alla persona offesa“).

Per quanto lo stalking in danno dell’ex sia il caso più frequente di  consumazione di questo reato resta tuttavia ben possibile che questo reato sia  consumato anche in altri ambiti sociali e tra persone non legate da alcun legame  affettivo: così può commettersi stalking in danno di amici o conoscenti, di  familiari o colleghi di lavoro, addirittura di persone che neppure si conosce  (si pensi al caso di minacce o assillanti richieste a personaggi famosi). E  vittime di atti persecutori possono essere anche i vicini di casa, meglio ancora  se condòmini.

Lo stalking condominiale. Ci siamo già occupati di stalking condominiale, spiegando come  e quando si può parlare di atti persecutori tra vicini di casa, quali  conseguenze comporta una condanna per il reato in questione e quali tutele sono  fornite alle sue vittime nonché come sia facile che esso venga consumato tra  vicini di casa: si pensi a quei casi di dispetti e petulanze commessi in danno  del condomino che proprio non riusciamo a digerire, a quegli atteggiamenti di  maleducazione e vessazione che possiamo subire dall’inquilino della porta  accanto (o del piano superiore…), ai comportamenti ossessivi del dirimpettaio  piuttosto che del vicino di box: tutte queste situazioni, se caratterizzate  dalla ripetitività, possono integrare gli estremi del reato di atti persecutori  allorquando costringono la vittima a mutare le sue abitudini o addirittura a  ricorrere al medico per veri e propri stati d’ansia o addirittura paura per la  propria incolumità o quella dei propri cari.

Far sgocciolare acqua sul piano sottostante al punto da costringere  l’inquilino del piano di sotto a coprirsi con una tenda privandosi di buona  parte della luce solare; ostruire appositamente l’ingresso del box auto  rendendone impossibile il libero uso; ascoltare musica a tutto volume  costringendo uno o più inquilini a dormire con le finestre chiuse anche quando  un po’ d’aria fresca è tutto ciò che si vorrebbe: sono solo alcuni dei casi più  frequenti di comportamenti e situazioni che potrebbero costituire il presupposto  dello stalking. Ove tali comportamenti siano ripetuti nel tempo e comportino una  modifica dello stile di vita del soggetto che ne è vittima (od un suo accertato  stato d’ansia o di timore), essi non saranno più semplici molestie ma potremo  parlare di veri e propri atti persecutori.

Come tutelarsi dallo stalking. I rimedi che la legge  fornisce per difendersi dagli atti persecutori sono diversi e diversamente  applicabili: presupposto che li accomuna è la denuncia del reato, senza la quale  nessuna tutela potrà offrirsi a chi si sente vittima di stalking.

Il primo passo, pertanto, da fare se si pensa di subire stalking da qualcuno  è recarsi in Caserma o meglio ancora da un avvocato penalista per raccontare i  fatti e sporgere querela nei confronti dell’autore del reato: questo consentirà  l’avvio delle indagini e parallelamente, ove ve ne siano i presupposti,  l’adozione di alcune misure cautelari (obbligo di presentazione in Caserma,  divieto di frequentazione di determinati luoghi in cui si reca abitualmente la  vittima, allontanamento dalla casa, obbligo di dimora e addirittura carcere).  Possono essere inoltre disposte anche misure di sicurezza, ove il  sospettato di stalking, come speso accade, sia un soggetto  pericoloso ed infermo di mente

Ricovero in istituto di cura per l’insano vicino di casa. I  soggetti che si macchiano di un reato del genere sono spesso afflitti da  disturbi psichici, da vere e proprie manie di una certa importanza, che rendono  inapplicabili o comunque inutili misure di prevenzione più leggere e “la cui  esecuzione (libera dai dovuti e costanti controlli) sia affidata in gran parte  all’autocustodia dell’interessato” (Cass. Pen., Sez. V, sent. n. 30573 del  02/08/2011): un soggetto,  infatti, che per le proprie condizione  di salute mentale è incapace di autodeterminarsi, di capire l’importanza  e le conseguenze delle proprie azioni sarà incapace di rispettare limitazioni e  divieti di questo genere. In presenza di tali individui, dei quali sia  inoltre riconosciuta ed accertata una certa pericolosità sociale, non vi sarà  altro strumento di tutela se non il ricovero in un istituto di cura  psichiatrica.

Ed è quanto accaduto ad un soggetto nei cui confronti una recentissima  pronuncia della Suprema Corte ha ritenuto correttamente disposto il ricovero in  istituto psichiatrico: questi infatti, stando alle denunce di più condòmini,  aveva per un anno avuto “comportamenti gravemente molesti, fatti di  abbandono di escrementi davanti alle porte di ingresso delle abitazioni dei  condomini, danneggiamento di autovetture degli stessi, versamento di acido  muriatico nei locali comuni dell’edificio, immissione di suoni ad alto volume  nella confinante camera da letto della figlia minore di uno dei condomini,  pronuncia di epiteti gravemente ingiuriosi nei confronti di alcune persone  offese e l’inserimento di scritti di contenuto delirante nelle cassette  postali” (Cass. Pen., Sez. V, sent. n. 26589 del  19/06/2014).

È di tutta evidenza come simili azioni possano integrare le “condotte  reiterate di molestia” richieste dall’art. 612 bis cod. pen., così come è  risultato anche provato, come si legge in sentenza, “lo stato d’ansia e di  timore per l’incolumità delle mogli e dei figli minori” patito dai condòmini  querelanti, cui è oltretutto seguito “il mutamento delle abitudini di vita degli  stessi, segnatamente derivante dalla privazione per i figli minori della  possibilità di giocare all’interno del condominio”.

Il ricovero quale anticipazione della presumibile condanna. Il ricovero in istituto di cura per il soggetto accusato di simili  reiterati e prolungati comportamenti, tali da incidere sulle abitudini e lo  stile di vita degli altri condòmini e delle loro famiglie, è pertanto l’unico  strumento di tutela possibile in considerazione dello stato psichico del  soggetto in questione, nei confronti del quale sarebbe inutile disporre una  diversa misura di prevenzione quale, ad esempio, l’allontanamento dal domicilio,  tenuto conto della sua comunque accertata pericolosità sociale.

La presenza quindi di uno stato di infermità mentale e della pericolosità  sociale del soggetto in questione rende applicabile in casi del genere il  ricovero quale “anticipazione  della misura di sicurezza” che sarà poi probabilmente disposta con  la sentenza che in seguito accerterà l’effettiva commissione del reato  contestato (Cass. Pen., Sez. I, sent. n. 1274 de. 20/02/1997): al Giudice delle  Indagini Preliminari chiamato a decidere sull’applicabilità o meno del ricovero  in manicomio nei confronti di un soggetto denunciato per stalking condominiale  spetterà dunque accertare non solo la condizione di infermità mentale e la  pericolosità sociale ma anche e soprattutto la fondatezza dell’accusa, valutando  se tali condizioni potranno essere confermate in sede processuale portando ad  una sentenza di condanna per il querelato

Fonte http://www.condominioweb.com/condomino-rinchiuso-in-manicomio.2314#ixzz35fKvmNmJ

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